9 maggio 2012

«Haiku» di Tomas Tranströmer

E la notte va
da oriente a occidente a
passo di luna.

«Stanco di tutti quelli che han parole da vendere» di Tomas Tranströmer

Stanco di tutti quelli che han parole da vendere
– le parole senza una lingua –
mi faccio strada nell'isola innevata.
L'inaddomesticato non ha parole.
Le pagine non scritte si spargono ad ogni lato!
Mi imbatto nelle impronte di neve d'un cerbiatto.
Una lingua senza le parole.

16 febbraio 2012

«I morti» di James Joyce (finale)

Meglio andarsene intrepidi all'altro mondo, nell'integra gloria d'una passione, che dissolversi ed avvizzire miseramente di vecchiaia. Pensò a come lei, distesa accanto a lui, avesse potuto custodire in cuor suo per così tanti anni l'immagine degli occhi dell'innamorato nel momento in cui le diceva che non voleva più vivere.
Generose stille di lacrime riempirono gli occhi di Gabriel. Non si era sentito così mai, perfino lui, per una donna, ma sapeva che un tale sentimento doveva essere l'amore. Le lacrime continuavano ad addensarglisi negli occhi e nell'oscurità parziale immaginò di vedere la forma di un giovane in piedi sotto un albero che gocciolava. Qua e là sparse, c'erano altre forme. L'anima sua aveva raggiunto quella regione dove dimorano le vaste schiere dei morti. Coscienza aveva, ma senza poter capire, della loro esistenza peregrina e sfavillante. La sua stessa identità si stava dissolvendo nel grigio mondo impalpabile: il mondo tangibile stesso, nel quale questi morti erano giunti a maturazione e vissuti, si stava disciogliendo e logorando.
Dei colpettini leggeri sul vetro lo fecero voltare verso la finestra. Aveva ripreso a nevicare. Guardò assonnato i fiocchi, d'argento, scuri, che cadevano obliqui contro la luce del lampione. Era per lui giunto il momento d'avventurarsi nel suo viaggio a ponente. Sì, i giornali dicevano bene: dappertutto neve in Irlanda. Stava cadendo su tutte le parti dell'oscura pianura centrale, sulle colline senz'alberi, e cadeva lentamente sulla Palude di Allen e, più a ponente, morbida, nelle oscure rubelle onde dello Shannon. E cadeva in ogni parte del cimitero abbandonato, lì sulla collina, nel quale Michael Furey era disteso, seppellito. La neve s'era distesa, addensata, alla deriva sulle croci contorte e sulle lapidi erette, sulle lance del cancelletto, sulle spine rinsecchite. La sua anima veniva meno lentamente mentre ascoltava la neve che obliosa cadeva per l'universo; e cadeva obliosa, come discendenza della loro fine estrema, su tutti coloro che vivono e son morti.

3 marzo 2010

«Amore in sanatorio» di Dylan Thomas

.
                     Una sconosciuta è venuta
A condividere la mia stanza nella casa non proprio a posto di testa,
                     Una ragazza matta come gli uccelli

Che sbarra la notte della porta con il suo braccio la sua piuma.
                     Ristretta nel letto confuso
Lei elude la stanza impermeabile ai paradisi con nuvole entranti

Ma lei elude passeggiando nella stanza da incubi,
                     Scatenata come i morti,
O naviga gli oceani immaginati dei reparti maschili.

                     È venuta posseduta
Colei che fa entrare la luce elusiva attraverso il muro respingente,
                     Posseduta dai cieli

Lei dorme nel trogolo stretto ma passeggia sulla polvere
                     Ma dà di matto come vuole
Sulle assi del manicomio assottigliate dalle mie lacrime ambulanti.

E alla lunga e alla cara fine io, preso dalla luce,
                     È certo che posso
Sostenere la prima visione che diede fuoco alle stelle.